1) La leggenda di Beppina e Nicola Dal Sasso, detti Bettina e Nicoletto (Parte prima)

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Title

1) La leggenda di Beppina e Nicola Dal Sasso, detti Bettina e Nicoletto (Parte prima)

Subject

Racconto

Description

Tra storia e leggenda: composizione scritta in versi ad opera dell’ abate Francesco Sartori (1857) sulle origini del lavoro d'intreccio della paglia di frumento.

Creator

Alice Pizzato, Luigi Chiminello

Source

Composizione in versi ad opera dell’ abate Francesco Sartori (1857)

Publisher

Ecomuseo della Paglia

Date

2020

Contributor

Enzina Pizzato

Format

Audio mp3

Language

italiano

Type

registrazione

Oral History Item Type Metadata

Transcription

LA LEGGENDA DI BEPPINA E NICOLA DAL SASSO, DETTI BETTINA E NICOLETTO – Parte prima

La storia non dice con precisione quando e come a Lusiana iniziò l’arte dell’intreccio della paglia. Sappiamo però con certezza che l’attività del “fare dréssa” e “fare capèi” ebbe inizio nel territorio collinare e pedemontano, compreso tra i due fiumi, Il Brenta ad est e l’Astico a ovest, probabilmente verso la metà del 1600.
Ci piace però, volendo riferirci alle origini del lavoro d’intreccio della paglia di frumento, citare una simpatica composizione, scritta in versi ad opera dell’ abate Francesco Sartori, pubblicata nel 1857, dove con chiaro intento celebrativo, l’autore crea una storia di tipo sentimentale-avventuroso allo scopo di suscitare, valorizzare ed elogiare l’iniziativa, la creatività e l’intraprendenza dei suoi paesani che si spendevano in questo lavoro lungo e laborioso per costruire maggior benessere per le loro famiglie.
La leggenda narra le disavventure cui vanno incontro due giovani innamorati, Bettina e Nicoletto, osteggiati nei loro sogni dalle loro differenti condizioni sociali.
Lei, figlia di un benestante di Lusiana di nome Rocco, lui povero legnaiolo, si amano ma il padre di Bettina è contrario alla relazione tra questi due giovani, anche perché ha già promesso in sposa la figlia a un certo Cencio, uomo benestante, ma rozzo e violento.
Un giorno, verso il tramonto, Bettina si trova alla fonte tutta sola soletta, quando sente dei passi: è Nicoletto che scende dal monte. Il giovane si avvicina e con sguardo triste la informa accorato di ciò che è venuto a conoscenza: Rocco, il padre, la vuole dare in sposa ad un altro e non ha compassione del loro amore.
Le propone così di fuggire insieme, lontano da Lusiana.
Bettina, rimane titubante alla proposta pensando allo scandalo, al disonore, al dolore del padre per la fuga concordata, ma alla fine il forte sentimento che prova per il giovane appassionato, vince ogni remora e accetta. I due innamorati si accordano perciò di fuggire a mezzanotte del giorno dopo. Puntuale, Nicoletto allo scoccar della mezzanotte bussa all’uscio di Bettina e quindi, in un pesante silenzio carico di tensione, la coppia si avvia verso un ignoto destino.
In breve i due fuggiaschi raggiungono Santa Caterina e giù ancora per la valle, quando ad un tratto sentono dei rumori alle loro spalle. -Avanti, avanti, siamo inseguiti! - sussurra Nicoletto mentre il rumore si fa sempre più vicino. L’inseguitore è il padre di Bettina, il quale era stato avvisato da un amico che trovandosi non visto alla fonte, aveva udito l’accordo per la fuga. Rocco e Nicoletto si scontrano a parole, si accalorano e vengono alle mani. Il giovane, più forte e robusto dell’anziano, ha il coltello in mano e dalla rabbia vuole uccidere quell’uomo senza cuore, ma riesce solo a ferirlo. Alla vista del sangue, la collera sbolle e, preso da timore di quello che aveva combinato, Nicoletto si dà alla fuga, abbandonando Bettina, accorsa in aiuto del padre. A passo veloce arriva trafelato a Crosara, continua per Caribollo, scende a Vallonara. Giunto a Marostica, si dirige verso Bassano; vi arriva che è ormai mezzogiorno e si ferma a mangiare qualcosa. Prosegue poi per Cittadella, Camposampiero, Curtarolo, avendo cura di evitare le strade trafficate, preferendo sentieri tra i campi, dove meno poteva essere notato da eventuali gendarmi. A notte fonda arriva a Padova e si inoltra nella città sconosciuta, vagando incerto e spaesato. I gendarmi di guardia alla città, vedendo questa figura muoversi con fare sospetto, lo credono una spia e, senza por tempo in mezzo, lo arrestano. Dopo qualche giorno conducono il giovane montanaro a Venezia per farlo giudicare dal Doge Nicola Contarini.
Di fronte alla suprema autorità della Repubblica Veneta Nicoletto racconta le sue sventure. Vedendo la semplicità e l’ingenuità del ragazzo, il Doge crede al resoconto e lo perdona. Notata però la prestanza fisica del soggetto, lo fa assegnare come vogatore su una galera veneziana, diretta verso Oriente. Dopo giorni di navigazione, l’imbarcazione viene assalita dai pirati, che fanno prigioniero il povero Nicoletto. Ma i pirati si sbarazzano poi di lui, abbandonandolo in seguito in un’isoletta greca, abitata da un eremita. Presso il vecchio isolano, il fuggiasco trova un rifugio, dove può rifocillarsi e sentirsi finalmente al sicuro. Dal suo ospite Nicoletto impara anche a intrecciare delle erbe palustri e con queste confezionare cappelli, utili per riparare il capo dal sole particolarmente cocente di quelle zone.
Dopo quattro mesi, quando la nostalgia del suo paese e dell’amata si fa sempre più acuta, il ragazzo decide di lasciare il sicuro rifugio e l’eremita che lo aveva accolto con tanta generosità, riuscendo ad imbarcarsi su una imbarcazione diretta a Venezia.

Continua....parte seconda