Maddalena la filandiera, raccontata da Laura Maria Lunardon

Filanda Maule Massignan,  primi ' 900

Dublin Core

Title

Maddalena la filandiera, raccontata da Laura Maria Lunardon

Subject

racconto

Description

Maddalena, personaggio inventato, ma verosimile, ci fa partecipi di alcuni aspetti del suo lavoro e della sua quotidianità in qualità di filandiera proveniente da un'altra provincia.
Maddalena potrebbe chiamarsi anche Italia, Carlotta, Luisa, Caterina....

Creator

Laura Maria Lunardon

Publisher

Museo dell'Arte Serica e Laterizia di Malo

Date

2019

Format

File Opus

Language

Italiano

Type

registrazione

Oral History Item Type Metadata

Original Format

paper

Duration

6' 22''

Transcription

Io mi chiamo Maddalena e sono una filandiera. Ho quasi vent’anni e sono nata sotto le bombe della prima guerra mondiale. Oggi è domenica e la filanda è chiusa. Ne approfittavo per star di sopra a cucirmi un abito nuovo. Ma son felice di vedere gente e di parlarvi un po’ di me. Perché sono qui di domenica? Io abito lontano e resto qui a convitto, torno a casa ogni due settimane. C’è un gran silenzio oggi, ma se ripassate domani mattina, magari sul presto, sentirete arrivare le filandiere che abitano a Malo o nelle frazioni. Cantano, chiacchierano e arriva tutto un rumore di zoccoli, ma se parte la sirena che chiama al lavoro, allora senti un frusciare di piedi nudi che corrono e corrono, veloci come uno stormo di uccelli che si alza in volo. Non si può arrivare tardi in filanda.
Eh, sì, gli zoccoli….Sono sicura che voi pensate che gli zoccoli siano scomodi. Per me che sono una ragazza in cerca di marito, direi invece che non sono tanto belli e non è che mi facciano fare una bella figura. Però sono economici, per niente scomodi e salutari. I pavimenti della filanda sono sempre bagnati a causa del vapore delle bacinelle e il legno degli zoccoli mi isola bene i piedi.
Il mio lavoro domani comincia presto, sapete, alle 7 della mattina, e prosegue senza pause fino a mezzogiorno. Mai alzare la testa, mai partire con i propri pensieri; il direttore e l’assistente girano di continuo e si lamentano se non siamo veloci. Neanche parlare con le vicine si può, e se cantiamo, e qualche volta lo facciamo per tirarci un po’ su, rischiamo di farli arrabbiare.
Da mezzogiorno all’una abbiamo la pausa per il pranzo. Le altre ragazze mangiano quello che si sono portate da casa; io mi sono cucinata qualche patata e ho comprato del formaggio. Una famiglia di Malo mi ha anche regalato della frutta, così risparmio il mio guadagno. Il pomeriggio è lungo da passare. A volte finiamo il lavoro alle 18.00, a volte un’ora più tardi. Se tutto è andato bene durante la giornata, dormo serena, ma mi è capitato anche di prendere qualche brutto rimprovero e qualche multa perché il lavoro secondo l’assistente non era fatto bene; una volta hanno perfino minacciato di licenziarmi. Non sapevo se chiamare i miei genitori per farmi venire a prendere; alla fine mi hanno tenuta, così non l’ho neanche detto a casa e non ho fatto preoccupare nessuno.
Stasera con le altre foreste che rientreranno prepareremo un piatto di minestra. Poi continuerò a cucire il mio vestito mentre ciacoleremo sulle ultime novità.
Io, sapete, ho cominciato a lavorare in filanda a 12 anni, ma mia nonna mi ha raccontato che lei all’età di nove già aveva le mani in acqua ed era a servizio delle più grandi. Lo so, come lavoro non è dei più sani e forse sarebbe stato meglio iniziare a 15 anni, come dice la legge. Ma se a casa i soldi non bastano mai, e se voglio mettere qualcosa da parte per quando mi sposerò, cos’altro posso fare?
Anche quando non sto tanto bene, lavoro lo stesso. Il caldo, l’umidità, l’acqua quasi bollente a contatto con le mani e stare ferma, per 12 ore nella stessa posizione, non è proprio facile, ma va ancor peggio a quelle donne che continuano a lavorare anche se aspettano un bambino, e fino agli ultimi giorni prima del parto.
Io sono stata fortunata a trovar posto qui; mi hanno detto che in altre filande il direttore, ma anche l’assistente, arrivano ad alzare le mani. Pazienza se ti arriva un colpo di bacchetta dall’assistente perché chiacchieri, ne ho presi anch’io, ma ti può capitare anche qualche schiaffo e questo proprio non lo manderei giù. Ancor peggio è quando hai a che fare con dei direttori che fanno i furbetti e che non sai più come tenerli lontani perché hai paura di perdere il posto. Magari a volte ci caschi, ti innamori e poi perdi il posto lo stesso perché finito il divertimento sono tante le ragazze che cercano di entrare in filanda…
Beh, non voglio pensarci e non voglio chiamare disgrazie.
Vi canto piuttosto una canzone …
Se non ci conoscete
Le mani ci guardate
Noi siam le filandiere
A Malo tutte nate…..

Adesso torno dentro altrimenti non finisco più il mio vestito nuovo. Auguratemi di trovare un marito, valà, un marito pien de schei, così starò a casa a crescere i nostri figli ……e addio filanda!